di Elisabetta Mongardi
Più che parlar bene di Raina Telgemeier, autrice di fumetti per l’infanzia tra le più importanti del panorama attuale, è forse interessante leggerla con una domanda in testa: come si costruisce un lettore?
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Telgemeier ha 43 anni, è nata a San Francisco e inizia la sua carriera, come tanti, nel mondo delle autoproduzioni. Nel 2004 propone all’editore statunitense Scholastic un adattamento a fumetti de Il club delle baby-sitter, una serie per adolescenti scritta da Ann M. Martin, che negli Stati Uniti ha avuto un successo enorme per tutto il tempo in cui è stata pubblicata: dal 1986 al 2000.
L’adattamento funziona, e nel 2010 Telgemeier pubblica il suo primo libro da autrice unica: Smile. È la storia del suo alter-ego Raina dalla prima media all’inizio del liceo, raccontata attraverso il suo rapporto con l’apparecchio per i denti.
Seguono In scena! (2012), Sorelle (2014), Fantasmi (2016) e Guts (2019), che nel complesso hanno venduto circa 18 milioni di copie.
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Genesi di un mercato
Solo nel 2014, Telgemeier ha venduto copie per 4.5 milioni di dollari, diventati 11 milioni nel 2015. Ha vinto tutti i premi più importanti del fumetto, è stata nominata a numerosi premi letterari e ha occupato stabilmente le classifiche dei libri più venduti. Al di là dei numeri in sé, è interessante come sia riuscita a creare praticamente da sola un mercato: quello del fumetto d’autore per la fascia 11-13 anni.
Prima di lei esistevano già i fumetti per l’infanzia e l’adolescenza, certo, ma è stata la prima a sdoganare il graphic novel.
Smile, Sorelle e l’ultimo Guts, ancora inedito in Italia, sono a conti fatti dei memoir: Telgemeier rielabora gli elementi del fumetto autobiografico d’autore in una forma digeribile per un pubblico pre-adolescente. Oggi il settore è uno dei segmenti dell’editoria che cresce più in fretta: in un mercato in crisi perenne come quello editoriale, è un dato da tenere d’occhio nei suoi lati positivi e negativi.
In Italia Telgemeier è pubblicata da Il Castoro, una casa editrice che ha saputo sfruttare questa tendenza e ha dedicato al fumetto una divisione specifica, che oggi conta alcuni tra gli autori per ragazze e ragazzi più interessanti (Hope Larson, Emily Carroll, Victoria Jamison, Ryan Andrews, Mariko Tamaki).
Ma perché i fumetti di Telgemeier funzionano così bene?
Per capirlo, è più semplice descriverli dicendo quello che non sono.
Non sono originali. Smile racconta il guaio di portare l’apparecchio ai denti in un mom
ento delicato come il passaggio dalle medie alle superiori; Callie, futura sceneggiatrice protagonista di In scena!, si innamora di un ragazzo del gruppo di teatro della scuola, salvo poi scoprire
che è gay; Sorelle ha un titolo che si spiega da sé: è il racconto del rapporto travagliato tra Raina (quella dell’apparecchio) e sua sorella minore; anche in Fantasmi ci sono due sorelle, Cat e Maya, solo che una ha una malattia respiratoria cronica che obbliga tutta la famiglia a trasferirsi in una città infestata dai fantasmi; in Guts ricompare Raina, questa volta alle prese con un mal di pancia che nasconde un’ansia difficile da controllare.
A parte qualche apparizione di fantasmi, quindi, non succede granché: Telgemeier racconta la vita quotidiana di una preadolescente bianca della classe media.
Non sono libri a tema. Certo, si parla di identità, di amicizia e di rapporti familiari, di corpi che cambiano e del disagio che provocano, di ansie e paure, addirittura di morte. Ma questo lo vediamo noi, che dal tema ormai siamo ossessionati. Di fatto, questi libri raccontano storie senza provare a fare altro.
Non sono “difficili”. I dialoghi sono pochi, essenziali e realistici. Anche il disegno va dritto al punto: linea pulita, colori piatti e accesi, e uno stile dall’eco disneyana. I meccanismi di base della grammatica del fumetto, dall’uso della griglia alle metafore visive, ci sono tutti, ma non serve una laurea in semiotica per accorgersene.
Per capire l’efficacia dello stile di Telgemeier basta guardare le copertine dei suoi libri più famosi: su uno sfondo monocolore si staglia uno smile, una rappresentazione stilizzata di un volto umano (insomma, una faccina) che di volta in volta sintetizza con pochi tratti la temperatura emotiva del libro.
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Cancellare la lettura
Capita spesso, quando teniamo corsi per insegnanti, che alla fine della lezione qualcuno ci chieda: “Mi consigliate un fumetto? I miei ragazzi non amano leggere, e vorrei qualcosa di facile”.
C’è un pregiudizio per cui i fumetti sarebbero più semplici da leggere perché il testo è poco, che riflette un’idea della lettura appiattita morbosamente sulla trama: si legge per capire cosa succede, e magari per trarne un insegnamento. Ma leggere i fumetti (così come ascoltare la musica, assistere a uno spettacolo teatrale, giocare a un videogioco, guardare un quadro al museo) richiede una serie di competenze specifiche che vanno oltre la capacità di capire l’intreccio.
Nei fumetti di Telgemeier il testo è poco perché le immagini raccontano tanto: i colori, la successione delle vignette, il corpo e le espressioni dei personaggi dicono molto di quello che succede. E lo dicono in modo semplice e chiaro, con un livello di accessibilità altissimo.
Questo non è un demerito: come sa chiunque abbia mai provato a scrivere qualcosa, costruire la semplicità è un lavoro complicatissimo e da questo punto di vista Telgemeier è davvero un’autrice senza pari. In un certo senso, i suoi fumetti cancellano la lettura. Le storie scorrono rapide, si ride e ci si commuove, il tutto mentre sulla pagina succedono molte cose tutte insieme. Un bell’esercizio di attenzione.
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Il meccanismo della riconoscibilità
Ultimo punto di forza: non sono scritti per adulti. Telgemeier scrive spesso a partire dalla sua esperienza personale, ma nei suoi libri non c’è mai un ammiccamento agli adulti, non c’è nostalgia, non c’è la pubertà immaginata o ricordata. Si mette sullo stesso piano delle sue lettrici, e le prende estremamente sul serio.
Recentemente, parlando di serie tv durante un laboratorio con una classe di un istituto superiore, una ragazza ha citato Skam Italia, una serie che ruota intorno alle vicende sentimentali di un gruppo di adolescenti romani e che sta avendo un successo notevole. Alla richiesta di raccontare al resto della classe perché le fosse piaciuta, entusiasta ha detto: “È bellissima! Fanno tutto quello che facciamo noi”.
Si può discutere se la riconoscibilità sia o meno una modalità valida per attirare giovani e giovanissimi alla lettura. Ma il successo di operazioni di questo tipo segnala una fame di storie che parlino di relazioni così come le vivono le ragazze e i ragazzi.
Telgemeier incornicia ogni storia all’interno di un rapporto – familiare, di amicizia o d’amore – che la rende subito riconoscibile. Quasi tutte abbiamo avuto una sorella insopportabile, una cotta finita male, un familiare malato.
Una volta che la lettrice si è accomodata, fa scattare il conflitto: le sue protagoniste devono fare i conti con la realtà della morte, con il fatto che l’amore è più deludente di come lo dipingono, e che pensare al futuro può far venire gli attacchi di panico.
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Per ragazze
Scrivo apposta al femminile, perché nei fumetti di Telgemeier ci sono soprattutto ragazze.
Questo rende più urgente il suo esercizio di normalizzazione delle situazioni di disagio: l’apparecchio ai denti ti fa brutta? Ti piace uno che non ti ricambia? Tua sorella non ti lascia in pace? O magari sta male e non sai come aiutarla? Figurati, ordinaria amministrazione. Telgemeier sa intuire le preoccupazioni della pubertà, e le accoglie dando loro spazio e dignità. Contestualmente, però, le rimette in prospettiva senza fare la morale.
Alla fine le cose si risolvono senza risolversi: qualcosa si sistema, qualcosa va male, qualcos’altro rimane sospeso o incerto, ma comunque si va avanti. Imparare a stare nel disagio con un atteggiamento non distruttivo né nichilista magari è più utile che ripetere alle ragazze, come fanno indiscriminatamente tanti altri libri per questa fascia d’età, che possono fare quello che vogliono, basta crederci.
Insomma, i fumetti di Telgemeier possono essere una buona porta d’ingresso non solo al fumetto, ma alla lettura: sono complessi ma non faticosi, e allenano a leggere insieme il testo e le immagini – una competenza che, se si perde in questa prima fase, poi è più difficile sviluppare da adulti. Soprattutto, allenano a un atteggiamento, una postura verso il libro. Un movimento che porta a cercare le storie, a immedesimarsi in un personaggio, a provare curiosità per quello che le succede.